Riflessioni sugli NFT a margine di un articolo di Alessandro Baricco


Questo è un post che Salvatore Iaconesi (Nuovo Abitare) ha scritto su un noto social network per ragionare sulla trappola degli NFT. Lo condividiamo sul nostro sito per contribuire alla sua circolazione.

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Alessandro Baricco pubblica Novecento come NFT e ne scrive su Repubblica.
Pubblico qui alcune riflessioni che possono essere utili. I virgolettati sono presi dall'articolo su Repubblica di Baricco.

Innanzitutto una considerazione sulle asimmetrie di potere: quando si parla di blockchain si parla sempre dell'orizzontalità, della disintermediazione, della democraticità e della caratteristica "distribuita" del potere per come viene incarnato da questi strumenti.
Questo sarebbe vero se la tecnologia "avvenisse" nel vuoto. E invece avviene all'interno di schemi già esistenti e molto sbilanciati, in cui grandi operatori come GEDI, Christies e i loro finanziatori ci mettono un secondo ad appropriarsi dei fenomeni che nascono nella società, sovrapponendoci narrative potentissime a suon di successi miliardari (seppur fasulli, come spesso avviene nella finanza, dove chi ha il potere stabilisce il prezzo comprando "da sé stesso", come avviene molto spesso nei mercati finanziari attraverso le cordate e come avviene negli NFT, alla faccia della mano invisibile dei mercati).
Baricco scrive dall'alto delle piattaforme di Repubblica e, così, autodetermina il suo successo, nello stesso modo, superando la maggioranza che, nell'illusione della democrazia distribuita, non dispongono del controllo dell'informazione, della comunicazione, delle risorse finanziarie e degli ecosistemi relazionali e di influenza.
Baricco, così, si pone al di sopra. Può dire imprecisioni, può permettersi di studiare poco e di non fare anche banali ricerche su Internet, perché sa che le risposte che riceverà, inclusa questa, sono enormemente meno potenti della sua.
Qualsiasi cosa scriva Baricco supera d'acchitto il famoso 99.9%, semplicemente disponendo dell'accesso alla comunicazione, all'informazione, all'ecosistema di relazioni giusto e alle risorse e alle piattaforme. Questo è, in sintesi, come funzionano le piattaforme distribuite.
Non lo dico per Baricco. Lo dico per usare Baricco come esemplificazione di un modello. Un modello così saldo nel mondo tanto da essere "la normalità", il realismo. Tanto da rendere difficile immaginare qualcos'altro.

Ma procediamo lungo l'articolo.

A un certo punto dice:
"Tutto nasce dalle criptovalute, cioè da quel denaro digitale che ha iniziato a esistere nel 2009, con la creazione dei Bitcoin. Alla fine si tratta pur sempre di monete, per quanto digitali, e quindi anche lì si pone il problema di coniarle, cioè di produrle e di assicurarne in qualche modo l'autenticità. La soluzione a questo problema non è una Zecca dello Stato che si mette a stampare denaro, ma un protocollo distribuito che si chiama blockchain. Va immaginato come una sorta di registro in cui oggetti digitali vengono fissati per sempre, autenticati e resi intoccabili"

E fin qui va quasi bene, a parte qualche piccola imprecisione. E a parte il notare il paradosso alla base della blockchain: si cerca di "automatizzare la fiducia", "non fidandosi di nessuno". Infatti ogni soggetto che "partecipa attivamente" al governo della blockchain deve averne una copia che viene aggiornata solo quando si forma un "consenso" diffuso (una sorta della "dittatura dell 51%").

Poi, immediatamente dopo, continua:
"Curiosamente, non è controllato da un proprietario o da una banca: è una neutrale creatura matematica e la possiede una comunità che in quel registro si riconosce. Nessuna autorità superiore, nessun istituto bancario."

Ci piacerebbe!
Peccato che i grandi operatori, anche della finanza, siano già mani e piedi nelle infrastrutture e nei processi.
È in atto un remix planetario in cui stiamo sostituendo grandi operatori nuovi e vecchi a grandi operatori vecchi.
Inoltre, se questo concetto di disintermediazione era vero all'inizio, quando le blockchain erano pubbliche (e anche qui ho i miei dubbi, perché "la comunità" non poteva gestire e autoregolamentare un bel nulla senza avere competenze tecniche fuori dal comune), nell'odierno proliferare di blockchain private, permissioned, sidechains etc i gatekeeper ci sono eccome.
Semmai, stanno diventando troppi e per "la comunità" è ormai difficilissimo districarsi tra venditori di pentole, speculatori, cacciatori delle preziosissime fee che risultano dall'esecuzione di ogni transazione e consulenti di ogni genere pronti a coniare, gamificare etc.
"è una comunità che si autodetermina. Fine."

Sarebbe bello, ma non è così.
Al massimo sono "Comunità che si autodeterminano nell'ambito delle opportunità di speculazione finanziaria concesse da grandi operatori praticamente invisibili che, agendo sui protocolli e sul formato di certi smart contract, ci dicono cosa possiamo e non possiamo fare. Se, naturalmente, ci possiamo permettere di pagare le fee assassine di transazione." (questo virgolettato appena letto è mio, non di Baricco)
"Il fatto che si potessero autenticare dei dati digitali, in un certo senso coniarli, renderli immodificabili per sempre, ha acceso qualcosa nella testa di chi nel frattempo si occupava di arte contemporanea e in particolare di arte contemporanea digitale."

Attenzione a quel "per sempre". Stiamo parlando di strumenti ad alta volatilità finanziaria.
"Per sempre", finché i margini di speculazione saranno abbastanza alti. Dopodiché gli NFT saranno pochi byte stracci senza alcun valore, definiti su protocolli che nessuno manuterrà e di cui, a quel punto, sarà anche difficile/impossibile determinare l'autenticità, visto che gli operatori di cui sopra smetteranno di manutenere processi e infrastrutture. Anzi potrebbero anche fare i giochi sporchi, visto che sono potenti, e trasformare ciò che è attualmente pubblico in privato.

"Si devono essere detti: ma se io uso una blockchain non per coniare una criptovaluta, ma per autenticare un oggetto d'arte digitale, posso creare un originale di quell'opera, un numero zero unico per sempre, come i girasoli di Van Gogh quelli "veri", non quelli che ci sono sulle tovagliette degli alberghi. In qualche modo conio una moneta (un token) che non uso come una moneta, per scambiarla, ma come un unicum, tipo la Numero Uno di Zio Paperone, per dire: una moneta non scambiabile ma da collezione (un Non-Fungible Token, un NFT). Se crei una cosa del genere, si saranno detti, hai creato qualcosa che chi investe in arte contemporanea può iniziare a trovare interessante. Quelli vanno pazzi per l'originale, l'autentico, il pezzo unico che un solo uomo al mondo possiede."

Qui si è alla follia.
Come ogni volta che si cerchi di fare un discorso sull'autenticità, come se fosse possibile definirla al di fuori di una interpretazione (che è buona come un'altra, e il cui successo dipende dal potere di chi propone una definizione), come qualcosa che esista "naturalmente".
Come avviene ogni volta quando si fa confusione tra "identità" e "identificazione".

"Identità" è un concetto psicologico, culturale, antropologico, ecologico. Unisce nel definire le differenze, creando informazione.
"Identificazione" è un concetto amministrativo, di governance, di contabilità. Serve per vendere, comprare, definire la proprietà, mettere in carcere, e per esercitare potere su qualcosa. Altro che "comunità che si autodeterminano".

"Non era un ragionamento sbagliato, a quanto pare. Nel 2021, da Christie's è stato messo all'asta e venduto un NFT per la curiosa cifra di 69,4 milioni di dollari. Era un NFT generato dall'opera d'arte Everydays: the First 5000 Days. Autore, un digital artist americano noto come Beetle."
... una operazione finanziaria talmente problematica che praticamente il venditore e il compratore praticamente coincidono (o, comunque, sono riconducibili a una stessa volontà), creando il caso 0 dal nulla, nella migliore tradizione della finanza, attraverso l'esercizio del potere.
"Quello che si intravede negli NFT è una cultura, perfino un'etica, sicuramente uno stile di vita. Tutto si appoggia sull'esistenza di comunità che si gestiscono autonomamente riconoscendo e condividendo l'autorità di un libro mastro comune, una blockchain. Oggi i membri di quelle comunità si scambiano denaro senza che ci sia una sola banca a mediare la cosa, e la domenica mercanteggiano in opere d'arte bruttine o gadget di videogame."

Di nuovo: non coincide praticamente in nulla con quello che succede. È una semplificazione fuorviante.

"Ma in un domani neanche tanto lontano si scambieranno servizi di ogni tipo, quote di sapere, sistemi di governance. In un certo senso, con lo stesso semplice processo con cui io ho coniato un NFT, milioni di individui conieranno se stessi, in un tempo non molto lontano, iniziando a esistere in comunità nate dal basso, autogestite e geograficamente situate in un mondo parallelo."

E di questo ho già parlato: la finanziarizzazione completa della vita.

Sulle blockchain si possono inserire transazioni: questo è il vocabolario.
Si può parlare solo di persone e organizzazioni che commercializzano tutto ciò che hanno intorno a sé, inclusi sé stessi, l'arte, la salute etc
"Imagine all the people..."

Bruttissima battuta. Lennon diceva, infatti "Imagine no possessions" e aggiungeva "I wonder if you can".

"Se vi spaventava che vostro figlio avesse una sua immagine sui social che non quadrava con la sua presenza reale nel mondo, aspettate di diventare milionari nel mondo parallelo delle criptovalute e vi passerà la paura. Quando voterete grazie a una blockchain i provvedimenti che la vostra città prenderà il lunedì dopo contro il Covid, da tempo avrete smesso di ritenere una follìa farsi curare da un algoritmo in una clinica che esiste solo nel metaverso."

Si chiama "trustless": senza necessità di fiducia.
Pone al centro dell'esistenza la possibilità che esista una qualche entità "oggettiva", senza interessi da difendere, "etica" e, addirittura, "morale", che sia al di sopra di tutto, di cui ci si può "fidare".
Baricco questa entità la nomina chiaramente: l'algoritmo.

Rendiamoci conto che stiamo parlando di religione. "Senza necessità di fiducia" vuol dire "Fede".
La nostra società si basa sulla possibilità di creare ambiti pubblici in cui confliggere per scegliere a chi attribuire fiducia.
La scienza si basa sulla possibilità di creare ambiti pubblici in cui confliggere per scegliere a chi attribuire fiducia.
"Insomma, alla fine della cripto art ci si può anche disinteressare lietamente: ma farlo degli NFT è incauto perché in loro si può riconoscere quel tipo di torsione culturale - apparentemente innocua, ma in verità violentissima - che in anni recenti, ogni volta, ha certificato un cambio radicale del nostro stare al mondo. Bisogna stare attenti, quando la si sente arrivare sotto la pelle. Più che scappare, o perdere tempo a giudicarla, bisogna stare lì a studiarla."

Qui non posso essere che d'accordo
"Questa volta ho pensato che il modo migliore per studiarla fosse proprio starci dentro."
qui anche, seppur in modo un po' problematico
"Allora mi sono informato: a nessuno era ancora venuto in mente di fare un NFT letterario."
non è proprio vero, ma concediamo il dubbio
"Così ho speso la mia bella quota di energia assassina (alcune blockchain consumano un sacco di energia, è il loro grande tallone d'Achille ma anche la loro garanzia di sicurezza)"
Sicurezza non direi. Anzi direi garanzia di non sostenibilità, perché presto potrebbe diminuire drasticamente il margine tra possibilità di speculazione finanziaria e i bilancio energetico e ambientale.
E qui c'è anche un'altra cosa da dire che Baricco forse non ha studiato bene: è che non ci sono solo le "proof of work" di bitcoin, con il loro consumo energetico folle. Ce ne sono gìà da tempo molte altre (per esempio le "proof of stake"), che non sono neanche matematiche, spesso. Però sono tipiche delle blockchain più piccole e meno industrializzabili.
Ecco, se c'è un'opportunità nell'aria, non è certamente quelli dei grandi operatori della speculazione finanziaria, che attualmente sono tanto impegnati tra metaversi e NFT, ma quella degli ecosistemi complessi, che non funzionano secondo le logiche del consenso, ma vivono secondo quelle della coesistenza.

Il paragone è sempre quello: quando a Gilles Clement chiedono che fine fa il giardiniere come governo del terzo paesaggio, lui risponde che mentre i giardinieri classici, usano sudore, vanga e rastrello, il giardiniere del terzo paesaggio usa il vento e la conoscenza come strumenti. E, nel frattempo, lavora pochissimo, non consuma quasi energia, anzi genera acqua, nutre il terreno e lo ripulisce dall'inquinamento, creando questi nuovi giardini, bellissimi, che altri chiamerebbero erbacce e che, invece, includono piante edibili, spezie, piante officinali e a gran parte della biodiversità delle nostre città. Per discernere, infatti, servono nuove sensibilità e immaginazione.
Non ci serve un metaverso, ci serve un Terzo Infoscape.

About the author


Salvatore Iaconesi (1971-2022)

Salvatore Iaconesi (1971-2022)

 

Artista e designer, ha fondato insieme alla moglie Oriana Persico Art is Open Source, HER: She Loves Data e Il Nuovo Abitare, centri di ricerca che usa per esplorare la trasformazione umana nell’epoca dei Dati e della Computazione ubiqua. Insieme ad Oriana ha scritto Incuria (Luca Sossella, 2021), Digital Urban Acupuncture (Springer, 2016), La Cura (Codice Editore, 2016), Read/Write Reality (FakePress Publishing, 2011), Romaeuropa FakeFactory (DeriveApprodi, 2010) e Angel_F: diario di vita di un’intelligenza artificiale (Castelvecchi, 2009).

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